Vergine…: recensioni
Un romanzo bello e terribile che racconta una «favola perversa», come dice un personaggio, che favola non è.
Maria Serena Palieri – L’Unità
Gioco intelligente e doloroso sull’identità, le libertà del corpo e dello spirito (…)
Lara Crinò – Repubblica Donne
Anche se il Kanun, l’antica legge consuetudinaria dell’Albania clanica, è divenuto tema fin troppo sfruttato dai documentaristi, la storia di Hana sfugge all’interesse meramente etnografico, per divenire la storia di un corpo che soffre, di una sessualità negata e abbrutita sotto lo sguardo di montagne «fatte di occhi che osservano e proibiscono, di silenzi».
(…) La vergine giurata è un personaggio da amare senza cedimenti alla commiserazione, e possiede onestà sufficiente per riconoscere che in fondo è «facile fare l’uomo. La vera impresa è vivere da donna, mica fare il coglione che si ammazza di alcol e tabacco».
Francesco Vietti – Il Manifesto
(…) un libro essenziale nella scrittura, insolito nel contenuto, bello nella descrizione dei personaggi, tutti privi di egoismo, capaci di aiutarsi, senza mai nascondere le loro fragilità e paure. (…) “È bello sapere di non dover morire”, proprio come recitano i versi di Nazim Hikmet, così si chiude il libro, una chiave di accesso a un mondo poco conosciuto, un ponte per aprirsi agli altri, così lontani eppure così vicini a noi, un aiuto per sconfiggere facili, scontati pregiudizi e, soprattutto, un grande piacere per il lettore. Attenzione, non qualsiasi lettore, ma il buon lettore capace di scavare nelle parole, di coglierne il significato nascosto.
Giovanna Corchia – Lupo della steppa
Sempre più spesso le storie vere diventano invenzione e gli scrittori riescono a evocare l’esistente con un’efficacia che raramente i cronisti riescono a offrire. (…) Elvira Dones ha portato per anni dentro di sé le parole di tante donne del suo paese che, dopo aver rinnegato la femminilità per poter contare, hanno sperato di riprendersi la vita. Vergine giurata ha dato loro finalmente voce.
Silvia Mazzocchi – Repubblica
Vergine giurata – oltre che da una struttura romanzesca articolata e calibratissima – è percorso da un calore stilistico capace di giocare sugli sfasamenti linguistici. Non vi troviamo in questo senso solo spie lessicali (l’uso ricorrente del vocabolo “ spalmato ”, gli occhi che “ perforano ”), ma anche inattese impennate metaforiche (Shtjefën “ sorride, un po’ orso un po’ farfalla ”, Hakia “ ha occhi da albero in attesa del colpo d’ascia ”), nonché una sintassi mobilissima, frequentemente paratattica, invasa da dialoghi vividi e al contempo perfettamente realistici. Una lingua semplice e duttile, che aderisce agli stati d’animo della protagonista e che sa incuneare nel realismo – coerentemente con il carattere del personaggio – passaggi più lirici o direttamente ispirati alla poesia. Siamo partiti dalle constatazioni stilistiche e non è un caso. Il romanzo potrebbe infatti cedere alle insidie di un eccesso di psicologismo, finanche (nella parte finale) di buonismo. Ma questa tendenza è tenuta a bada dalla sapienza compositiva, che ci consegna la storia a piccoli strappi, per soprassalti, in un ottimo equilibrio tra gusto narrativo e ambizione al mistero.
Pierre Lepori – Culturactif
(…) l’autrice, Elvira Dones, pone questioni di estrema attualità e che si collocano nel cuore della civiltà occidentale, come l’identità migrante e l’identità di genere ma anche il difficile rapporto con il corpo. (…) Un libro che non ha paura dell’happy end forse perché è percorso da valori come la dignità, il rispetto, la fiducia.
Liliana Moro – www.universitadelledonne.it
E’ una storia che ha qualcosa di sconvolgente (…)
(…) un matrimonio combinato. Che Hana assolutamente non vuole. Questo è quello che ci fa tremare di indignazione – e di rabbia, sì – nell’intimo: dover assumere un’identità maschile per non diventare proprietà di un uomo. Ma siamo sulle montagne Maledette, dove (e ci viene in mente “Cristo si è fermato a Eboli”) è anche inutile invocare Dio: “Dio non passa da Rrnaje, invocarlo è reato. I preti sono stati condannati dalla dittatura, stanno marcendo nelle prigioni perché si rivolgevano a Dio”. (…) Bello e insolito “Bildungsroman”.
Marilia Piccone – Stradanove
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