Bianco…: recensioni
“Elvira Dones è una scrittrice assolutamente da scoprire.
(…) una storia intensa sul tema dell’emigrazione e dell’integrazione nei Paesi europei più ricchi. E ancora la Dones ha una visione critica nei confronti di questa ricchezza esasperata che mostra un profondo e devastante vuoto dell’anima. Ed è abilissima nel costruire le sue vicende che rivelano una dimensione morale di fondo, la necessità di un atto d’accusa che assomiglia a una richiesta d’aiuto.”
Fulvio Panzeri, Famiglia cristiana
“Il male torna al centro degli interessi di Elvira Dones anche qui, nel suo ultimo libro, la storia di un’imprevedibile amicizia fra un profugo albanese e un giovin signore svizzero che abitano entrambi in uno stesso condominio di Lugano. (…) Ma si tratta di un male più segreto e inafferrabile, quello della solitudine e della difficoltà di vivere, che scava silenziosamente i destini all’apparenza così opposti e lontani dei due protagonisti.”
Maria Pace Ottieri, L’indice
“Il racconto, idealmente scritto da Ilir, si sviluppa attorno a due figure emblematiche del nostro tempo e ai loro impossibili, infelici amori per due donne provenienti da ambienti diversi e portatrici di due diversi drammi esistenziali. In questa mise en abîme il dolore e la nostalgia, i sogni del presente e i fantasmi del passato si mescolano, si incontrano e si scontrano in un gioco di rimandi e di specchi dove l’erranza del nostro tempo e un nuovo, sottilissimo, destabilizzante mal de vivre assumono caratteri macroscopici intimamente distruttivi. Fino al giorno in cui Max, in un ” bianco giorno offeso ” , deciderà di mettere la parola fine alla sua vita e si farà massacrare a colpi di pistola durante una rapina, in un suicidio da lui stesso educatamente, elegantemente, tragicamente messo in scena e Ilir, l’eterno profugo, ancora una volta resterà solo ” in una desolazione smunta, in una sordità senza confini ” , sopraffatto da un dolore disperato, asciutto e senza sbocchi.”
Lucia Morello, Azione (CH)
A Ilìr è affidato il compito di raccontare la sua storia, quella di Max, ma anche, fra gli altri, per esempio quella di Blanca, rifugiata politica, che nel suo paese ha vissuto tutto il peggio che possa capitare ad un essere umano. La scrittura della Dones dipana a poco a poco la sua vicenda, come fa con quelle di tutti i protogonisti, insegnadoci a non fermarci mai alla superficie delle cose e offrendoci un campionario di umanità che può fungere da esempio, nel bene e nel male, per ciascuno. E purtroppo, per quanto non si possa non arrivare in fondo al libro con un groppo alla gola, si sente che è importante averlo letto e che non si sarebbe potuto farne a meno.
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Il romanzo (…) merita una menzione non solo per la qualità dell’opera, da lei stessa tradotta in italiano, ma anche per le tematiche affrontate. Nella coralità di anime tormentate che trova passeggero sollievo nella Svizzera italiana, si agitano le esistenze di alcuni profughi: accanto a quella del protagonista albanese vi è quella di una colombiana, Blanca. Come molti latinoamericani emigrati in Europa, si annulla in una facciata ordinaria e si lascia coinvolgere nella consueta manovalanza non specializzata: ma Blanca, all’apparenza disinvolta e radiosa, ha un passato tragico da affrontare, che neppure le premure e l’affetto dei nuovi amici possono lenire. Il doloroso racconto della sua vita passata emerge con fatica, per poi costringerla nuovamente ad una fuga, da sé e dagli altri: ma non meno difficile è la quotidianità affrontata dagli amici, fatta di gesti automatici ma assillata da pulsioni che ne sconvolgono gli equilibri. Con l’analisi interiore dei suoi personaggi, l’autrice offre la possibilità di uscire dal mondo patinato che ognuno cerca di costruirsi per comprendere qualcosa in piú della complessa realtà che ci circonda, dal Mediterraneo all’Oceano.
Patrizia Spinato Bruschi – Istituto di Storia dell’Europa Mediteranea, Milano
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